Processo alla vecia Cati
Metadati
Titolo
Processo alla vecia Cati
Sottotitolo
Carnevale a Telve - 2010
Autore/curatore
Editore
Abstract
A Telve il Carnevale ha una lunga tradizione e ci è stato tramandato nei festeggiamenti in recite satiriche, che alternavano dialetto e italiano a seconda delle esigenze della rima, scritte dai nostri poeti Luigi Ferrai (Gigioti dei Crestani) e Roberto Spagolla. Umilmente riprendiamo le loro maschere processando, al posto del Beco, la Vecia Cati (forse simbolo del Potere?). Per maggior comprensione ci sia permessa qualche nota introduttiva. Nei tempi antichi ogni peccato commesso dal singolo o dalla comunità veniva riversato dal grande sacerdote (ogni riferimento al nostro don Antonio è puramente casuale) sul capo di un agnello, il così detto capro (beco) espiatorio che, carico dei peccati altrui, veniva poi sacrificato sugli altari agli dei, i quali accettavano il sacrificio e perdonavano il popolo. Naturalmente tutti continuavano a commettere, di generazione in generazione, sempre le stesse colpe e ciò accade anche ai giorni nostri. La prima rappresentazione della Vecia Cati avvenne a Telve nel febbraio del 1925, a ridosso della Prima Guerra Mondiale. Il Comitato Pro Divertimento tenne pure nella piazza Grande, allora chiamata piazza Regina Elena, lo scherzo "Leva in massa dei nati 1848-49-50 pel combattimento contro il caroviveri".