Pietre d’acqua 2024
Metadati
Titolo
Pietre d'acqua 2024
Sottotitolo
Simposio di scultura su granito
Autore/curatore
Collezione
Abstract
Kudo Masahide e Yu Minami dal Giappone, Lin Hong-Wen da Taiwan, sono gli artisti presenti all’edizione di quest’ anno di Pietre d’Acqua, il simposio di scultura in granito che ormai da un decennio si integra con il paesaggio di Villa e Agnedo e si apre al dialogo con la comunità, in ambito artistico.
L’apertura verso Oriente, in modo collaterale, è avvenuta con la precedente edizione che ha visto la partecipazione di artisti perlopiù di provenienza giapponese e, a seguire, la realizzazione del primo “giardino Zen” in Trentino, e la visitatissima mostra del 2019 intitolata “Il bruco e la farfalla” a Palazzo delle Albere di Trento, nell’anno internazionale della seta.
Le opere scolpite quest’ anno esprimono tutta la sottigliezza della visione concettuale orientale. Si inseriscono in modo quasi sommesso nel contesto ambientale, si prestano a una lunga e intima contemplazione da parte del visitatore.
È difficile delimitare lo spazio di interpolazione dell’opera e del fruitore, così come di entrambi rispetto all’ambiente montano. Forse è la fluidità dell’acqua, come la forma pensiero, a rappresentare il comune denominatore nell’azione artistica, che prima di scaturire, zampillare alla luce del sole all’improvviso, ha dimorato a lungo nei luoghi sotterranei.
Questi massi di granito lavorati forse affermano, con la loro presenza, che niente è effimero.
Kudo Masahide, che di solito dipinge col “coltello” incidendo le superfici delle due tele, aggrumando colori e segni, ha stretto il suo legame con le lame e l’acciaio tornendo nel granito ciotole cerimoniali, coppelle magiche per la raccolta dell’acqua piovana.
Per Yu Minami la riflessione si sposta sul divenire di una natura solo apparentemente incontaminata, abitata com’è da esseri viventi che vi lasciano le loro tracce in un perenne gioco di creazione e distruzione.
Con Lin Hong Wen la dura pietra diventa agglomerante, assorbente un nucleo che è quasi un occhio, adorno di un forcone e una pietra precipitati dal tempo o dalla tradizione.
Di lui possiamo seguire altre tracce vincendo lo scorrere dell’ acqua lungo il torrente: piccole affilate pietre si conficcano nei tagli procurati ai massi, come ferite o segnali. Ferite impresse nel granito, pietre ficcate nelle pietre, oltre il principio latente e sessuale.
Paolo Dolzan
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