Novembre 1966
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Novembre 1966
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Abstract
Negli anni Sessanta la Valsugana, nel Trentino orientale, è una valle che fatica ad agganciare il treno dello sviluppo. Si caratterizza per la sua economia sostanzialmente agricola e per i molti problemi che la affliggono: l’eccessivo frazionamento delle proprietà, il progressivo invecchiamento degli addetti, un saldo demografico negativo, in controtendenza rispetto al resto del territorio provinciale, e un tasso migratorio ancora superiore alla media trentina.
Sono questi i motivi che spingono i paesi della valle, nel 1961, a costituire il “Consorzio per lo sviluppo industriale ed economico tra i comuni della Bassa Valsugana”. Il Consorzio promuove nuovi insediamenti industriali per dare sfogo alla domanda di lavoro, e nel giro di qualche anno sorgono i primi stabilimenti. Dunque l’alluvione, la “brentana”, del 4 e 5 novembre piomba come un maglio in una fase di transizione per la valle, che sta faticosamente uscendo dall’arretratezza economica lasciandosi alle spalle l’antica civiltà contadina per tuffarsi nel nuovo sogno industriale, con tutto quel che di buono ciò comporta in termini di occupazione e benessere (si pensi solo al progressivo esaurimento del fenomeno emigratorio) ma anche con discutibili interventi sul piano urbanistico e ambientale.
L’alluvione del ‘66 è ancora ben presente nella memoria di chi vive in Valsugana, per l’eccezionalità dei fenomeni che l’hanno accompagnata (uno su tutti la doppia valanga, di acqua e massi, del torrente Chieppena) ma forse anche perché costituisce un evento di forte carica simbolica.
Nei ricordi di chi ha vissuto i “lunghi terribili giorni” c’è un “prima” e un “dopo” dove poco o niente è rimasto uguale: un po’, se vogliamo, come nelle grandi guerre nel Novecento. Anche in questo caso, nella “piccola guerra” scatenata dalla natura, la frattura è un’esperienza dolorosa, di morte e distruzione.
Negli anni successivi i passi avanti sono stati molti, ma forse, a distanza di tanto tempo, vale la pena di interrogarsi su come il Trentino e la Valsugana hanno saputo reagire. La grande unità della comunità provinciale ha caratterizzato i giorni dell’emergenza, cui hanno fatto seguito la nascita di un sistema di protezione civile senza eguali e il varo del primo piano urbanistico provinciale.
Il progresso e il benessere generale sono stati inseguiti a lungo e infine raggiunti, ma non sempre sono stati alleati di un rapporto rispettoso dell’uomo con il territorio; un territorio che, come ci ricorda l’ultima grande alluvione del millennio, è sempre pronto a riprendersi con gli interessi gli spazi dati in prestito alle attività e ai ripari della gente di montagna.
A distanza di cinquant’anni la Comunità Valsugana e Tesino, l’Ecomuseo della Valsugana e Croxarie hanno deciso di ricordare “l’alluvione generale” attraverso una serie di mostre che interesseranno il nostro territorio nelle prossime settimane. Il punto di partenza è “La Brentana”: il volume edito da Croxarie nel 2006. Tema delle esposizioni è il “segno” che la natura impazzita ha lasciato nel territorio, per ricordarci e ricordare, a cinquant’anni di distanza, che ora come allora nel rapporto fra uomo e natura tutto ha un prezzo, e qualche volta il conto da pagare arriva a cavallo delle onde furiose di un torrente.