El Prosperon
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El Prosperon
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Abstract
Il senso della storia e dell'appartenenza segue strade misteriose, bastano un colore, un segno, un odore ad evocare sensazioni e ricordi; la percezione dell'insieme casuale ed indistinto di molteplici richiami crea talvolta la magia di uno stato particolare dell'animo difficile da definire ed impossibile da riprodurre attraverso artifici creati ad arte.
Così nascono i simboli ed i riferimenti individuali, spesso rappresentati da cose insignificanti nel particolare ma che nel loro insieme compongono il nostro patrimonio della memoria, l'unico che veramente ci appartiene: quando uno stato ed una condizione cessano di esistere nella realtà ma continuiamo a riferirci a loro per quello che hanno saputo rappresentare usiamo la parola nostalgia consapevoli che, in questo modo, cancelliamo la possibilità di riviverli compiutamente.
Talvolta abbiamo riposto o gettato via le cose che pure per un tratto hanno saputo interessarci, i traslochi ed il bisogno di spazio ed ordine sono il grande mattatoio degli oggetti e delle pagine scritte, più tardi andiamo alla loro ricerca o, dopo averli dimenticati, li ritroviamo nella casa d'un parente o d'un amico e allora vorremmo riaverli ed insistiamo nel dire a tutti - anche io l'avevo. Accade ancora che, ritrovando, magari dopo anni, immagini ritenute in principio insignificanti queste inizino a colpirci per la loro forza evocativa o per i contenuti che il correre del tempo ha trasformato in ricordi.
Esistono ancora fasi della nostra vita, non necessariamente quelle finali, in cui ci prende il desiderio di trasmettere o rivivere con altri i particolari del nostro vissuto individuale o collettivo e andiamo allora saccheggiando vecchi album fotografici di carta raggrinzita ai bordi e scatole di articoli giornalistici riposti in cassetti scomodi da raggiungere ma presenti in noi come gli amori di ieri.
Ci sembra, in quelle occasioni, di essere certi dei nostri ricordi e siamo disposti a scommettere tutto su un nome, una data, un luogo, spesso capita di essere sbugiardati con un senso di umiliazione bruciante e, increduli, ci assale la tentazione di far più profonde verifiche per le quali quasi mai troviamo il giusto materiale di consultazione, permettendoci una dubitativa ritirata con la coscienza di essere nel giusto senza averne la prova dirimente.
L'invenzione e il formarsi delle collezioni ha frequentemente avuto questa origine, come pure l'edizione di antologie e ristampe.
La riedizione dei vecchi Prospereti non sfugge a queste considerazioni e l'intento che ci anima ha il segno della nostalgia e, insieme, un fine documentaristico poiché da quelle pagine ci guarda il sorriso di una storia minuta di fatti e personaggi ignorati da quella ufficiale che, attraverso la satira e lo sberleffo, ci parla di un mondo intimo e personalissimo nel quale ritroviamo volti e luoghi familiari deformati e caricaturali al punto da farceli apparire ancor più riconoscibili e nostri.
Non cerchiamo in essi la grande poesia o la soluzione agli enigmi del presente, non tentiamo interpretazioni sociologiche, prendiamo tutto come una testimonianza ingenua di ciò che siamo o vorremo essere stati.
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