Immagini dell’ultima cena in Valsugana e dintorni
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Immagini dell'ultima cena in Valsugana e dintorni
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Abstract
Lo straordinario contributo che Vittorio Fabris ha dato in questi ultimi due decenni alla conoscenza dell’arte e della cultura nella sua Valsugana e nel Trentino in generale si arricchisce di un nuovo splendido tassello con queste “Immagini dell’Ultima Cena in Valsugana e dintorni” che ci fanno conoscere quattordici opere, dedicate a uno dei simboli più importanti e significativi della fede cristiana: la Cena del Signore, nelle varie modalità con cui essa è raccontata, sia come Ultima Cena, sia come Istituzione dell’Eucaristia.
L’autore ci ricorda che la particolare rappresentazione dell’Ultima Cena, con Cristo al centro di una tavola rettangolare con gli apostoli allineati ai suoi fianchi e Giuda, ritratto a dimensioni ridotte, messo dall’altra parte di fronte a Gesù, avviene in Trentino e nell’Italia in generale, soprattutto dopo la metà del XIII secolo, diffondendosi molto rapidamente nei secoli successivi con una quantità di opere davvero straordinaria.
Ed è un itinerario splendido, quello che egli ci propone, conducendoci per mano nella visita ai dipinti dell’Ultima Cena nelle chiese della Valsugana. C’è, infatti, in ogni “ritratto”, una grande perizia comunicativa e una competenza, che valorizza ogni aspetto del singolo dipinto. Emerge, inoltre, con forza, una vera e propria partecipazione emotiva nel racconto preciso ed esauriente richiesto dalla ricerca, come per evidenziare quanto di vita, di umanità, di aspirazioni e di fatiche sono presenti dentro le diverse rappresentazioni.
È come se Vittorio Fabris ci indicasse la strada per rispondere a una precisa domanda: perché in un certo tempo nasce il bisogno di dipingere l’Ultima cena, o l’Istituzione dell’Eucaristia? Quale bisogno di popolo emerge? A parte il fatto storico del Concilio ecumenico Lateranense IV, del 1215, che “riscopre”, per così dire, l’urgenza di offrire ai fedeli cristiani il senso, perduto da tempo, della Cena del Signore e del sacramento della “presenza reale del Cristo nel pane e nel vino dell’eucaristia”, c’è anche un’esigenza morale che emerge dalle donne e dagli uomini di quell’epoca di grandi mutamenti, come era il secolo XIII: quella di riscoprire il senso della convivialità, tipica della comunità cristiana delle origini e, contemporaneamente, di poter identificare anche i nemici di essa: c’è sempre un Giuda che rompe l’equilibrio, l’armonia del vivere insieme. Un’esigenza, evidentemente, che si trasmette nei secoli successivi, fino al Novecento, che, per quel che riguarda “la Valsugana e dintorni” vede la nascita di ben sei nuove Ultime Cene, segno e anelito per una rinnovata “convivialità”.
Mi permetterei di affermare che, lasciandoci accompagnare dalla straordinaria guida di Vittorio Fabris, dalla sua sensibilità, dalla genialità delle sue note, artistiche ed “esistenziali”, si può imparare che “l’Ultima Cena” non va solo celebrata, ma, soprattutto, condivisa, in un mondo dove c’è ancora un’“ultima fame”, quella di “umanità”.
Marcello Farina